Nella storia della cristianità, fra le
innumerevoli schiere di martiri e santi, spiccano in ogni periodo
storico delle figure particolari, che nel proprio campo di apostolato,
sono diventate dei colossi, su cui si fonda e si perpetua la struttura
evangelica, caritatevole, sociale, mistica, educativa, missionaria,
della Chiesa.
E fra questi suscitatori di Opere, fondatori e
fondatrici di Congregazioni religiose, pastori zelanti di ogni grado,
ecc., si annovera la luminosa figura di san Vincenzo de’ Paoli, che fra i
suoi connazionali francesi era chiamato “Monsieur Vincent”.
Gli anni giovanili
Vincenzo
Depaul, in italiano De’ Paoli, nacque il 24 aprile del 1581 a Pouy in
Guascogna (oggi Saint-Vincent-de-Paul); benché dotato di acuta
intelligenza, fino ai 15 anni non fece altro che lavorare nei campi e
badare ai porci, per aiutare la modestissima famiglia contadina.
Nel
1595 lasciò Pouy per andare a studiare nel collegio francescano di Dax,
sostenuto finanziariamente da un avvocato della regione, che colpito dal
suo acume, convinse i genitori a lasciarlo studiare; che allora
equivaleva avviarsi alla carriera ecclesiastica.
Dopo un breve tempo
in collegio, visto l’ottimo risultato negli studi, il suo mecenate,
giudice e avvocato de Comet senior, lo accolse in casa sua affidandogli
l’educazione dei figli.
Vincenzo ricevette la tonsura e gli Ordini
minori il 20 dicembre 1596, poi con l’aiuto del suo patrono, poté
iscriversi all’Università di Tolosa per i corsi di teologia; il 23
settembre 1600 a soli 19 anni, riuscì a farsi ordinare sacerdote
dall’anziano vescovo di Périgueux (in Francia non erano ancora attive le
disposizioni in materia del Concilio di Trento), poi continuò gli studi
di teologia a Tolosa, laureandosi nell’ottobre 1604.
Sperò
inutilmente di ottenere una rendita come parroco, nel frattempo perse il
padre e la famiglia finì ancora di più in ristrettezze economiche; per
aiutarla Vincent aprì una scuola privata senza grande successo, anzi si
ritrovò carico di debiti.
Fu di questo periodo la strabiliante e
controversa avventura che gli capitò; verso la fine di luglio 1605,
mentre viaggiava per mare da Marsiglia a Narbona, la nave fu attaccata
da pirati turchi ed i passeggeri, compreso Vincenzo de’ Paoli, furono
fatti prigionieri e venduti a Tunisi come schiavi.
Vincenzo fu
venduto successivamente a tre diversi padroni, dei quali l’ultimo, era
un frate rinnegato che per amore del denaro si era fatto musulmano.
La
schiavitù durò due anni, finché riacquistò la libertà fuggendo su una
barca insieme al suo ultimo padrone da lui convertito; attraversando
avventurosamente il Mediterraneo, giunsero il 28 giugno 1607 ad
Aigues-Mortes in Provenza.
Ad Avignone il rinnegato si riconciliò con
la Chiesa, nelle mani del vicedelegato pontificio Pietro Montorio, il
quale ritornando a Roma, condusse con sé i due uomini.
Vincenzo
rimase a Roma per un intero anno, poi ritornò a Parigi a cercare una
sistemazione; certamente negli anni giovanili Vincenzo de’ Paoli non fu
uno stinco di santo, tanto che alcuni studiosi affermano, che i due anni
di schiavitù da lui narrati, in realtà servirono a nascondere una sua
fuga dai debitori, per la sua fallimentare conduzione della scuola e
pensionato privati.
Riuscì a farsi assumere tra i cappellani di
corte, ma con uno stipendio di fame, che a stento gli permetteva di
sopravvivere, senza poter aiutare la sua mamma rimasta vedova.
Parroco e precettore
Finalmente
nel 1612 fu nominato parroco di Clichy, alla periferia di Parigi; in
questo periodo della sua vita, avvenne l’incontro decisivo con Pierre de
Bérulle, che accogliendolo nel suo Oratorio, lo formò a una profonda
spiritualità; nel contempo, colpito dalla vita di preghiera di alcuni
parrocchiani, padre Vincenzo ormai di 31 anni, lasciò da parte le
preoccupazioni materiali e di carriera e prese ad insegnare il
catechismo, visitare gli infermi ed aiutare i poveri.
Lo stesso de
Brulle, gli consigliò di accettare l’incarico di precettore del
primogenito di Filippo Emanuele Gondi, governatore generale delle
galere.
Nei quattro anni di permanenza nel castello dei signori
Gondi, Vincenzo poté constatare le condizioni di vita che
caratterizzavano le due componenti della società francese dell’epoca, i
ricchi ed i poveri.
I ricchi a cui non mancava niente, erano altresì
speranzosi di godere nell’altra vita dei beni celesti, ed i poveri che
dopo una vita stentata e disgraziata, credevano di trovare la porta del
cielo chiusa, a causa della loro ignoranza e dei vizi in cui la miseria
li condannava.
Anche la signora Gondi condivideva le preoccupazioni
del suo cappellano, pertanto mise a disposizione una somma di denaro,
per quei religiosi che avessero voluto predicare una missione ogni
cinque anni, alla massa di contadini delle sue terre; ma nessuna
Congregazione si presentò e il cappellano de’ Paoli, intimorito da un
compito così grande per un solo prete, abbandonò il castello senza
avvisare nessuno.
Gli inizi delle sue fondazioni – Le “Serve dei poveri”
Le
fondazioni di Vincenzo de’ Paoli, non scaturirono mai da piani
prestabiliti o da considerazioni, ma bensì da necessità contingenti, in
un clima di perfetta aderenza alla realtà.
Lasciato momentaneamente
il castello della famiglia Gondi, Vincenzo fu invitato dagli oratoriani
di de Bérulle, ad esercitare il suo ministero in una parrocchia di
campagna a Chatillon-le-Dombez; il contatto con la realtà povera dei
contadini, che specie se ammalati erano lasciati nell’abbandono e nella
miseria, scosse il nuovo parroco.
Dopo appena un mese dal suo arrivo,
fu informato che un’intera famiglia del vicinato, era ammalata e senza
un minimo di assistenza, allora lui fece un appello ai parrocchiani che
si attivassero per aiutarli, appello che fu accolto subito e ampiamente.
Allora
don Vincenzo fece questa considerazione: “Oggi questi poveretti avranno
più del necessario, tra qualche giorno essi saranno di nuovo nel
bisogno!”. Da ciò scaturì l’idea di una confraternita di pie persone,
impegnate a turno ad assistere tutti gli ammalati bisognosi della
parrocchia; così il 20 agosto 1617 nasceva la prima ‘Carità’, le cui
associate presero il nome di “Serve dei poveri”; in tre mesi
l’Istituzione ebbe un suo regolamento approvato dal vescovo di Lione.
La
Carità organizzata, si basava sul concetto che tutto deve partire da
quell’amore, che in ogni povero fa vedere la viva presenza di Gesù e
dall’organizzazione, perché i cristiani sono tali solo se si muovono
coscienti di essere un sol corpo, come già avvenne nella prima comunità
di Gerusalemme.
La signora Gondi riuscì a convincerlo a tornare nelle
sue terre e così dopo la parentesi di sei mesi come parroco a
Chatillon-les-Dombes, Vincenzo tornò, non più come precettore, ma come
cappellano della massa di contadini, circa 8.000, delle numerose terre
dei Gondi.
Prese così a predicare le Missioni nelle zone rurali,
fondando le ‘Carità’ nei numerosi villaggi; s. Vincenzo avrebbe voluto
che anche gli uomini, collaborassero insieme alle donne nelle ‘Carità’,
ma la cosa non funzionò per la mentalità dell’epoca, quindi in seguito
si occupò solo di ‘Carità’ femminili.
Quelle maschili verranno
riprese un paio di secoli dopo, nel 1833, da Emanuele Bailly a Parigi,
con un gruppo di sette giovani universitari, tra cui la vera anima fu il
beato Federico Ozanam (1813-1853); esse presero il nome di “Conferenze
di S. Vincenzo de’ Paoli”.
Intanto nel 1623 Vincenzo de’ Paoli, si laureò in diritto canonico a Parigi e restò con i Gondi fino al 1625.
Le “Dame della Carità”
Vincenzo
de’ Paoli, vivendo a Parigi si rese conto che la povertà era presente,
in forma ancora più dolorosa, anche nelle città e quindi fondò anche a
Parigi le ‘Carità’; qui nel 1629 le “Suore dei poveri” presero il nome
di “Dame della Carità”.
Nell’associazione confluirono anche le
nobildonne, che poterono dare un valore aggiunto alla loro vita spesso
piena di vanità; ciò permise alla nobiltà parigina di contribuire
economicamente alle iniziative fondate da “monsieur Vincent”.
L’istituzione
cittadina più importante fu quella detta dell’”Hotel Dieu” (Ospedale),
che s. Vincenzo organizzò nel 1634, essa fu il più concreto aiuto al
santo nelle molteplici attività caritative, che man mano lo vedevano
impegnato; trovatelli, galeotti, schiavi, popolazioni affamate per la
guerra e nelle Missioni rurali.
Fra le centinaia di associate a
questa meravigliosa ‘Carità’, vi furono la futura regina di Polonia
Luisa Maria Gonzaga e la duchessa d’Auguillon, nipote del Primo
Ministro, cardinale Richelieu.
Le prime ‘Carità’ vincenziane sorsero in Italia a Roma (1652), Genova (1654), Torino (1656).
I “Preti della Missione” o “Lazzaristi”
Anche
in questa fondazione ci fu l’intervento munifico dei signori Gondi; la
sua origine si fa risalire alla fortunata predicazione che il fondatore
tenne a Folleville il 25 gennaio 1617; le sue parole furono tanto
efficaci che non bastarono i confessori.
Il bene ottenuto in quel
villaggio, indusse la signora Gondi ad offrire una somma di denaro a
quella comunità che si fosse impegnata a predicare periodicamente ai
contadini; come già detto non si presentò nessuno, per cui dopo il suo
ritorno a Parigi, Vincenzo de’ Paoli prese su di sé l’impegno,
aggregandosi con alcuni zelanti sacerdoti e cominciò dal 1618 a
predicare nei villaggi.
Il risultato fu ottimo, ed altri sacerdoti si
unirono a lui, i signori Gondi aumentarono il finanziamento e anche
l’arcivescovo di Parigi diede il suo appoggio, assegnando a Vincenzo ed
ai suoi missionari rurali, una casa nell’antico Collegio dei
Bons-Enfants in via S. Vittore; il contratto fra Vincenzo de’ Paoli ed i
signori Gondi porta la data del 17 aprile 1625.
La nuova comunità,
si legge nel contratto, doveva fare vita comune, rinunziare alle cariche
ecclesiastiche, e predicare nei villaggi di campagna; inoltre occuparsi
dell’assistenza spirituale dei forzati e insegnare il catechismo nelle
parrocchie nei mesi estivi.
La “Congregazione della Missione” come si
chiamò, fu approvata il 24 aprile 1626 dall’arcivescovo di Parigi, dal
re di Francia nel maggio 1627 e da papa Urbano VIII il 12 gennaio 1632.
Intanto i missionari si erano spostati nel priorato di San Lazzaro, da cui prenderanno anche il nome di “Lazzaristi”.
In
seguito Vincenzo accettò che i suoi Preti della Missione o Lazzaristi,
riuniti in una Congregazione senza voti, si dedicassero alla formazione
dei sacerdoti, con Esercizi Spirituali, dirigendo Seminari e
impegnandosi nelle Missioni all’estero come in Madagascar,
nell’assistenza agli schiavi d’Africa.
Quando morì nel 1660, la sola
Casa di San Lazzaro, aveva già dato 840 missioni e un migliaio di
persone si erano avvicendate in essa, per turni di Esercizi Spirituali.
Le “Figlie della Carità”
La
feconda predicazione nei villaggi, suscitò la vocazione all’apostolato
attivo, prima nelle numerose ragazze delle campagne poi in quelle della
città; desiderose di lavorare nelle ‘Carità’ a servizio dei bisognosi,
ma anche consacrandosi totalmente.
Vincenzo de’ Paoli intuì la grande
opportunità di estendere la sua opera assistenziale, lì dove le “Dame
della Carità” per la loro posizione sociale, non potevano arrivare
personalmente.
Affidò il primo gruppo per la loro formazione, ad una
donna eccezionale s. Luisa de Marillac (1591-1660) vedova Le Gras, era
il 29 novembre 1633; Luisa de Marillac le accolse in casa sua e nel
luglio dell’anno successivo le postulanti erano già dodici.
La nuova
Congregazione prese il nome di “Figlie della Carità”; i voti erano
permessi ma solo privati ed annuali, perché tutte svolgessero la loro
missione nella più piena libertà e per puro amore; l’approvazione fu
data nel 1646 dall’arcivescovo di Parigi e nel 1668 dalla Santa Sede.
Nel
1660, anno della morte del fondatore e della stessa cofondatrice, le
“Figlie della Carità” avevano già una cinquantina di Case.
Con il
loro caratteristico copricapo, che le faceva assomigliare a degli
angeli, e a cui le suore hanno dovuto rinunciare nel 1964 per un velo
più pratico, esse allargarono la loro benefica attività d’assistenza ai
malati negli ospedali, ai trovatelli, agli orfani, ai forzati, ai
vecchi, ai feriti di guerra, agli invalidi e ad ogni sorta di miseria
umana.
Ancora oggi le Figlie della Carità, costituiscono la Famiglia religiosa femminile più numerosa della Chiesa.
La formazione del clero
Attraverso
l’Opera degli Esercizi Spirituali, i Preti della Missione divennero di
fatto, i più prestigiosi e qualificati formatori dei futuri sacerdoti,
al punto che l’arcivescovo di Parigi dispose che i nuovi ordinandi,
trascorressero quindici giorni di preparazione nelle Case dei
Lazzaristi, in particolare nel Collegio dei Bons-Enfants di cui Vincenzo
de’ Paoli era superiore.
Più tardi, nel priorato di San Lazzaro,
l’Opera degli Esercizi Spirituali si estese a tutti gli ecclesiastici
che avessero voluto fare un ritiro annuale e anche a folti gruppi di
laici.
Da ciò scaturì nei sacerdoti il desiderio di riunirsi
settimanalmente, per esortarsi a vicenda nel cammino di una santa vita
sacerdotale; così a partire dal 1633, un folto gruppo di ecclesiastici,
con la guida di Vincenzo de’ Paoli, prese a riunirsi il martedì, dando
vita appunto alle “Conferenze del martedì”.
Tale meritoria opera di
formazione non sfuggì al potente cardinale Richelieu, il quale volle
essere informato sulla loro attività e chiese pure al fondatore, una
lista di nomi degni di essere elevati all’episcopato.
Lo stesso re
Luigi XIII, chiese a ‘monsieur Vincent’, una seconda lista di degni
ecclesiastici adatti a reggere diocesi francesi; il sovrano poi lo volle
accanto al suo letto di morte, per ricevere gli ultimi conforti
spirituali.
Anche la direzione dei costituendi Seminari delle diocesi
francesi, voluti dal Concilio di Trento, vide sempre nel 1660, ben
dodici rettori appartenenti ai Preti della Missione
Alla corte di Francia
Nel
1643, Vincenzo de’ Paoli fu chiamato a far parte del Consiglio della
Coscienza o Congregazione degli Affari Ecclesiastici, dalla reggente
Anna d’Austria; presieduto dal card. Giulio Mazzarino, il compito del
Consiglio era la scelta dei vescovi ed il rilascio di benefici
ecclesiastici.
Il potente Primo Ministro faceva scelte di
opportunità politica, soprassedendo sulle qualità morali e religiose;
era inevitabile lo scontro fra i due, Vincenzo gli si oppose
apertamente, anche criticandolo nelle sue scelte di politica interna,
specie nei giorni oscuri della Fronda, quando Mazzarino tentò di mettere
alla fame Parigi in rivolta, Vincenzo allora organizzò una mensa
popolare a San Lazzaro, dando da mangiare a 2000 affamati al giorno.
Nel
1649 giunse a chiedere alla regina, l’allontanamento del Mazzarino per
il bene della Francia; la richiesta non poté aver seguito e quindi
Vincenzo de’ Paoli cadde in disgrazia e definitivamente allontanato dal
Consiglio di Coscienza nel 1652.
La reggente Anna d’Austria gli
concesse l’incarico di Ministro della Carità, per organizzare su scala
nazionale gli aiuti ai poveri; si disse che dalle sue mani passasse più
denaro che in quelle del ministro delle Finanze.
Altri aspetti della sua opera
Vincenzo
de’ Paoli divenne il maggiore oppositore alle idee gianseniste
propugnate in Francia dal suo amico Giovanni du Vergier, detto San
Cirano († 1642) e poi da Antonio Arnauld; dopo la condanna del
giansenismo da parte dei papi Innocenzo X nel 1653 e Alessandro VIII nel
1656, Vincenzo si adoperò, affinché la decisione pontificia fosse
accettata con sottomissione da tutti gli aderenti alle idee del vescovo
olandese Giansenio (1585-1638).
Il movimento eterodosso del
giansenismo affermava, che per la salvezza dell’uomo, a causa della
profonda corruzione scaturita dal peccato originale, occorreva
l’assoluta necessità della Grazia, la quale sarebbe stata concessa solo
ad alcuni, per imperscrutabile disegno di Dio.
Fu riformatore della
predicazione, fino allora barocca, introducendo una semplice tecnica
oratoria: della virtù scelta per argomento, ricercare la natura, i
motivi di praticarla, ed i mezzi più opportuni
Per lui apostolo della
carità fra i prigionieri ed i forzati, re Luigi XIII, su suggerimento
di Filippo Emanuele Gondi, istituì la carica di Cappellano capo delle
galere (8 febbraio 1619), questo gli facilitò il compito e l’accesso nei
luoghi di pena e di partenza dei galeotti rematori; dal 1640 il compito
passò anche ai suoi Missionari e alle Dame e Figlie della Carità.
Inoltre
si calcola che tra il 1645 e il 1661, Vincenzo de’ Paoli e i suoi
Missionari, liberarono non meno di 1200 schiavi cristiani in mano ai
Turchi musulmani.
Monsieur Vincent fu fin dai primi anni, membro
attivo della potente “Compagnia del SS. Sacramento”, sorta a Parigi nel
1630, composta da ecclesiastici e laici insigni e dedita ad “ogni forma
di bene”.
Vincenzo de’ Paoli fu spesso ispiratore della benefica
attività della Compagnia e da essa ricevé aiuto e collaborazione, per le
sue tante opere assistenziali.
Il pensiero spirituale
Nei
dodici capitoli delle “Regulae”, Vincenzo ha condensato lo spirito che
deve distinguere i suoi figli come religiosi: la spiritualità
contemplativa del pensiero del card. de Bérulle, sotto la cui direzione
egli rimase per oltre un decennio; l’umanesimo devoto di s. Francesco di
Sales, suo grande amico, del quale lesse più volte le opere spirituali e
l’ascetismo di s. Ignazio di Lodola, del quale assimilò il temperamento
pratico; elaborando da queste tre fonti una nuova dottrina spirituale.
Le
virtù caratteristiche dello spirito vincenziano, secondo la Regola dei
Missionari, sono le “cinque pietre di Davide”, cioè la semplicità,
l’umiltà, la mansuetudine, la mortificazione e lo zelo per la salvezza
delle anime.
La morte, patronati
Il grande apostolo
della Carità, si spense a Parigi la mattina del 27 settembre 1660 a 79
anni; ai suoi funerali partecipò una folla immensa di tutti i ceti
sociali; fu proclamato Beato da papa Benedetto XIII il 13 agosto 1729 e
canonizzato da Clemente XII il 16 giugno 1737.
I suoi resti mortali,
rivestiti dai paramenti sacerdotali, sono venerati nella Cappella della
Casa Madre dei Vincenziani a Parigi.
È patrono del Madagascar, dei
bambini abbandonati, degli orfani, degli infermieri, degli schiavi, dei
forzati, dei prigionieri. Leone XIII il 12 maggio 1885 lo proclamò
patrono delle Associazioni cattoliche di carità.
In San Pietro in
Vaticano, una gigantesca statua, opera dello scultore Pietro Bracci, è
collocata nella basilica dal 1754, rappresentante il “padre dei poveri”.
La sua celebrazione liturgica è il 27 settembre.
TRATTO DA: www.santiebeati.it
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